È atteso per oggi, martedì 28 gennaio, l’avvio del “trilogo” che determinerà le sorti della proposta di direttiva sui Green Claims: dopo il voto dell’Europarlamento sul testo proposto dalla Commissione Ue nel 2023 e le modifiche presentate dal Consiglio europeo allo scadere della passata legislatura, ora a Bruxelles va in scena la trattativa che porterà al varo del testo definitivo della normativa che attua a sua volta l’altra direttiva già in vigore riguardante il contrasto al greenwashing, denominata in sintesi “Empowering Consumers”.
Il rischio che si passi dalla semplificazione evocata nelle proposte del Consiglio a una vera e propria retromarcia è elevato: con il cambio di maggioranza all’Europarlamento e con il generale “raffreddamento” dell’attenzione alle politiche di contrasto alla crisi climatica, l’ossatura della direttiva Green claims, volta a regolamentare il corretto utilizzo delle dichiarazioni ambientali legate a prodotti e servizi, vacilla. Non è un caso, infatti, che i tempi per approvazione definitiva, dopo che si era espresso il Consiglio a fine giugno 2024, si siano allungati così tanto.
Bersaglio principale del fuoco incrociato di diversi Stati membri è in particolare la previsione per cui la dichiarazione ambientale deve basarsi su prove scientifiche validate da soggetti terzi indipendenti e prodotte prima di immettere sul mercato il prodotto o servizio a cui il claim è riferito. Il pressing, però, riguarda anche la richiesta di modificare la stretta, contenuta nella proposta di direttiva, sulla comunicazione legata alla compensazione delle emissioni.
Il testo votato dall’Eurocamera, infatti, stabilisce un principio molto netto: le virtù ecologiche di un prodotto non si possono basare sulla compensazione, ma bisogna fare il massimo sforzo per ridurre le emissioni durante le varie fasi della vita del prodotto. Uno sforzo che evidentemente non va giù ai settori industriali più inquinanti, i quali hanno fatto sentire la propria voce determinando la posizione di ulteriore ridimensionamento della portata della normativa in seno al Consiglio Ue.
A far sentire la loro voce, però, sono state ieri anche alcune associazioni e diverse imprese, che in una lettera aperta chiedono di non svilire la direttiva Green Claims privandola di forme di verifica e validazione indipendenti e dunque spianando paradossalmente la strada al greenwashing. La lettera – firmata tra gli altri da Ecos, European Environmental Bureau, EuroCoop, Carbon Market Watch, Ecopreneur, Back Market e iFixit Europe – ribadisce che c’è un generale consenso nel considerare “le compensazioni un concetto altamente imperfetto che non è in linea con le prove scientifiche”, al punto che già la direttiva Empowering Consumers o Greenwashing ribadiva la sfiducia nei confronti di questa pratica.
“La direttiva sui Green claims è la migliore possibilità per l’Europa di eliminare il greenwashing” recita la missiva, che invita “il Consiglio e il Parlamento a sostenere una direttiva solida, dotata di una procedura di verifica significativa e di norme chiare sulle dichiarazioni ambientali, per proteggere i consumatori e le imprese sostenibili”.
di Raffaele Lupoli
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